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      Se dunque la storia — la storia dei «fatti» — ha smentito Pisacane e quei pochi con lui, potrebbe darsi che avesse reso loro giustizia in un senso piú riposto, in un piano ideale nel quale quei fatti non valgono che come meri accidenti esteriori, oltre ai quali, o dentro ai quali, si cela alcunché di assai piú importante, e anzi che unicamente importa: la loro intima ragione e giustificazione morale, la virtú benefica o malefica che ne discende.
      In verità l'improvviso e improvvisato trionfo della minoranza dirigente, il miracoloso adeguarsi della realtà ai piani da essa frettolosamente disposti dovettero stupire e confondere, in un primo tempo, i trionfatori medesimi. Ai quali però venne prestissimo fatto di ritrovare l'equilibrio; e si convinsero con estrema facilità, e in buona fede convinsero gli altri intorno a loro, e indussero diplomatici giornalisti e scrittori a convincere il pubblico italiano ed europeo, che il trionfo era pienamente meditato e previsto; che ogni elemento della situazione era stato tempestivamente soppesato, e il giuoco regolato a puntino, e che era da ascriversi all'abilità della loro politica se certe soluzioni si eran verificate con apparenza di fortunate combinazioni, e non piuttosto come logica soluzione, nella realtà dei fatti, di programmi da lungo tempo prestabiliti e maturi. Fecero anche di piú: persuasero le élites delle varie regioni italiane esser le raggiunte novità giusto premio del tenace volere e risolutezza e patimenti da esse spiegati e sofferti.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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