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      Ma la tendenza colpisce: un ponte gettato tra monarchia e borghesia? Significative poi le prime mosse in politica estera: cordialità con Luigi Filippo, l'Austria trattata da potenza amica, non piú da tutrice; dichiarazioni d'indipendenza a tutti i gabinetti d'Europa; aumento di spese militari.
      A Napoli, si sa, gli entusiasmi son facili, le fantasie si sbriglian con poco. Amnistia? Ma Ferdinando è un liberale in trono! Revisione di conti a certi satrapi onnipotenti? Ma il re vuol dunque la Costituzione! Esercito forte? La guerra d'Italia! Perfino Metternich s'allarma, e Carlo Alberto, incoronato appena, s'ingelosisce. I liberali di tutta Italia tentano approcci col re riformatore.
      Effervescenza effimera: passan due anni, tre anni, e il quadro è radicalmente mutato. La borghesia alta, piccola e media, delusa, è piú assente che mai dal regime, molti ripetono «si stava meglio quando si stava peggio». Tranquillità di Metternich, impopolarità del Borbone anche fuori del Regno. Che mai è accaduto? Una cosa assai logica: si è dissipato un equivoco. Ferdinando è infatti antiliberale, assolutista, paternalistico come tutti della sua Casa; nessuna seria intenzione in lui di mutare registro. Egli ha inteso la necessità di restaurare l'edificio statale semplicemente perché vuol conservarlo in sostanza immutato. Di qui quei tali provvedimenti che hanno destato un cosí fervoroso consenso; ma nessuna concessione, Dio guardi, allo spirito del tempo. Un tentativo di assolutismo illuminato, insomma, eseguito da un monarca foderato delle migliori intenzioni, ma di ben povere qualità personali, e che non può neanche appoggiarsi, come il suo concorrente Carlo Alberto in Piemonte, su una classe politica colta e modernamente educata: tutt'al piú su poche singole individualità. Al suo tentativo ha piú di tutto nociuto, d'altronde, proprio quello sproporzionato entusiasmo che ne ha salutati gl'inizi: e infatti, mentre il monarca si è indotto a una maggiore prudenza, l'inutile attesa degli ulteriori sviluppi della sua politica ha diffuso tra i sudditi il piú largo scontento.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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