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      Gli è dunque increscioso vivere, senza volervi partecipare, in mezzo a questo crepitio d'iniziative, a questo incessante agitarsi. Non è forse sintomatico che l'epistolario di Mazzini, che ci è stato conservato foltissimo per quei mesi, non nomini neanche una volta Pisacane, mentre che, si sa, di ufficiali «in gamba» egli andava affannosamente in cerca per la sua azione rivoluzionaria, al punto di attirarne a Lugano di quelli incorporati in Piemonte nella Divisione Lombarda?
      Volgono i mesi, ricchi di eventi previsti e imprevisti. Piemonte che rinnova l'armistizio, mediazione anglo-francese, caduta di Messina, sollevazione di Livorno (settembre); moti mazziniani in Lombardia, insurrezione a Vienna, riunione a Torino del congresso federativo italiano (ottobre); a Roma, assassinio del Rossi, costituzione del Ministero Galletti, estrema inquietudine popolare, fuga del papa (novembre). Ma intanto l'Austria, minacciosa, ha ragione della timida resistenza svizzera, e impone l'espulsione dal territorio confederale degli emigrati piú in vista. Se ne vanno, cosí, tutti i migliori; Mazzini, risoluto a non staccarsi dalla frontiera lombarda, è costretto a nascondersi. Pisacane non vien disturbato; ma nel decembre, verificatosi a Torino il colpo di scena del nuovo Ministero Gioberti — promessa esplicita di prossima guerra — e ormai risanato il suo braccio, lascia di sua iniziativa la Svizzera, per riprender servizio in Piemonte(31). L'idea sola di entrare nei ranghi, dopo tanti mesi perduti in vane discussioni politiche, vale a rasserenarlo; poiché egli non ha potuto rendersi conto ancora fino a qual punto quella lunga licenza, perfezionando la metamorfosi iniziata nel febbraio dell'anno innanzi, abbia fatto di lui un altr'uomo.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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