Pagina (65/502)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Pisacane vedeva adesso lontano: le deficienze e il finale disastro della crociata dell'anno innanzi non erano stati cagionati appunto dall'avvenuta abdicazione di ogni altra iniziativa di fronte al non disinteressato intervento di re Carlo Alberto? Si era cominciato con una guerra nazionale e si era finito con un ineguale duello austro-sardo. Urgeva adesso rovesciare i rapporti: con la repubblica a Venezia, a Firenze, a Roma, con Milano supposta fremente sotto la rinnovata dominazione straniera, era l'iniziativa originale italiana che ripigliava il sopravvento; e se il monarca sabaudo poteva ormai contare — o almeno avrebbe potuto e dovuto — su larghe fattive solidarietà nel resto d'Italia, si sarebbe potuto altresí controllarlo e infrenarlo, che non avesse a sfruttare a esclusivo vantaggio del suo Stato la pur generica aspirazione all'indipendenza degli italiani tutti.
      Innanzi di partire l'ufficiale rifiutato dallo Stato maggiore si prese una singolare rivincita. Lo si credeva immaturo a lavorare nell'alto comando? Ebbene, avrebbe mostrato chi fosse: compilò un dettagliato piano di guerra per l'imminente ripresa e lo rimise senz'altro al generale Bava, ex comandante in capo, e ora ispettore generale dell'esercito sardo. Il concetto informatore, quale si può desumerlo da postumi accenni di Pisacane medesimo, era semplice e chiaro, forse ispirato a reminiscenze delle campagne di Napoleone in Italia. L'esercito sardo ha due vie innanzi a sé: scaglionarsi sulla lunga linea del Ticino per osservare le mosse austriache e dispor la difesa in conseguenza; adottare risolutamente il partito offensivo.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





Carlo Alberto Venezia Firenze Roma Milano Italia Stato Stato Bava Pisacane Napoleone Italia Ticino