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      È una minoranza sceltissima che lascia l'Italia e che al trionfo, pur variamente prospettato, della causa nazionale, pospone e sacrifica ogni considerazione di vantaggio individuale o familiare. Uomini ostinati e decisi: ben pochi, è vero se paragonati alla gran massa degli acquiescenti, pochi, comunque, che non «molleranno» mai. Il che permise, si sa, ai sostenitori impenitenti dello statu quo italiano di inferire che senza qualche migliaio di intriganti riottosi il nostro paese sarebbe stata la piú pacifica terra del mondo; ma valse d'altronde a consacrare agli occhi dei conterranei e d'Europa una causa che doveva pur trovare la sua giustificazione nelle ragioni profonde della vita italiana, rivestire certo carattere di assoluta irresistibilità, se una volta penetrata di sé la volontà di questa minoranza d'uomini, tra i piú colti e riflessivi e preparati e moderni d'ogni provincia italiana, poteva assorbirne ogni facoltà a tal punto da non conceder loro piú mai d'avere altra cura, altro pensiero, altra speranza che in essa e per essa.
      I piú, come l'anno innanzi, riparano in Isvizzera; molti forse obbedendo all'ingenuo eppur tanto comprensibile desiderio di non lasciarla troppo, l'Italia, che troppo spazio di cielo, troppa difformità d'idioma e di costumi non si frappongano fra loro e l'Italia. Eppure, non è piú l'estate del '48, quando, per tanti segni evidenti, si rivelava imminente agli esuli la possibilità del ritorno. Ora, da un capo all'altro della penisola, l'orizzonte è abbuiato; due anni di lotte, dopo aver tutto sconvolto, non hanno giovato in ultima analisi a mutare d'un palmo la carta d'Italia.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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