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      Ma quasi ovunque s'era creduto dagli utopisti e dagli stessi individui o gruppi che conducevan la battaglia che gli italiani si sarebbero mossi non per altro che per assicurare il trionfo delle loro idealità; non si era inteso invece che ogni ceto sociale vi avrebbe preso interesse solo in quanto gli fosse dato intravedere, come conseguenza necessaria di quell'astratto trionfo, vantaggi tangibili e di essenziale importanza(101). È vero che in alcuni casi quegli individui e gruppi, stimando di non potere da soli fronteggiare le forze organizzate dalla reazione, si erano una buona volta decisi a sollecitare l'appoggio delle masse, promettendo loro, in compenso di un'attiva collaborazione, che le novità politiche cui si mirava avrebbero portato a un automatico e radicale miglioramento delle loro condizioni sociali; ma non appena ottenuto il successo e cacciate le vecchie oligarchie, quale atteggiamento avevano assunto i nuovi governi insediatisi al loro posto? Si eran forse preoccupati di alimentare il consenso dei piú? Di scavare un abisso incolmabile tra l'ieri e l'oggi mercè ardite riforme sociali? Di creare d'urgenza una rete quanto piú larga possibile d'interessi conservatori? Neanche per sogno: espressione d'idealità e d'interessi borghesi, essi non d'altro s'eran curati che di soddisfare e quelle e questi e di consolidare le loro posizioni. E perciò non soltanto avevano lasciato che l'ingenuo calore delle masse s'intiepidisse, ma si erano affannosamente adoperati a questo scopo.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502