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      L'Introduzione tenta di impostare la questione italiana da un punto di vista generale europeo, ponendo in rilievo come essa non sia se non un episodio della lotta mondiale tra rivoluzionari e conservatori, quando per conservatori s'intendano i militari, il clero e i «monopolisti del capitale». «Il perno della reazione europea è la plutocrazia», ammonisce il Montanelli, il quale brillantemente riprendendo un argomento già largamente discusso nella stampa democratica, sostiene la vanità d'una rivoluzione meramente politica. «Senza cambiare l'ordine economico d'Europa, resterebbe infeconda la nostra vittoria... la rivoluzione europea si risolve nella riforma delle condizioni sociali economiche d'Europa, e perciò l'Italia non può sperare riscatto altro che dai principî da cui questa riforma s'attende», ossia dall'attuazione del socialismo. I patriotti italiani si chiamino dunque ormai, e apertamente, socialisti, e come tali arditamente operino.(121)
      Dopo l'Introduzione, era la volta della Guerra combattuta. Tornava poi nuovamente in lizza il Ferrari con l'attesa e ancor oggi notissima e per molti aspetti pregevole sua opera, Filosofia della rivoluzione, anch'essa uscita dai torchi di Capolago, ma largamente diffusa a Genova e a Torino. Distaccandosi dai socialisti rivoluzionari, Ferrari vi riconosceva l'impossibilità di abolire d'un tratto l'istituto della proprietà, pur ravvisando nella sua progressiva limitazione fino al termine, assunto a mito, di una generale distribuzione delle terre (legge agraria), il fondamento del progresso sociale.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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