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      Pisacane, con la sua Guerra combattuta, dovrebbe avere un posto onorevole tra i socialisti piemontesi. Resta nell'ombra, invece, un po' perché a quasi tutti è stranamente sfuggito il valore del suo libro dal punto di vista sociale; un po' perché gli mancano qualità giornalistiche; ma soprattutto perché, ingolfato nello studio puramente teoretico di un sistema in cui tutto invita all'azione e impone l'azione, egli tarda a rendersi conto che il suo preciso dovere di socialista è quello di «gettarsi» nel popolo. Comunque il suo sogno, dal '51 in poi, resta pur sempre quello di farsi avanti nella battaglia social-politica, d'acquistarvi con la dottrina, piú che con la facile audacia dialettica cara agli pseudo socialisti imperversanti nella stampa piemontese d'estrema, la competenza e l'autorità d'un capo, per poi davvero volgersi dal cerchio dei dotti alle moltitudini inerti, e guidarle alla conquista di un mondo migliore e piú giusto.
      Capitolo ottavoRaccoglimento
     
      Spentasi l'eco clamorosa e meschina suscitata dalla pubblicazione del suo libro, Pisacane, un po' perché disgustato dalle polemichette astiose, dai malintesi e ripicchi, ma piú perché gli preme adesso di approfondire i gravi problemi che ha soltanto sfiorato nella sua Guerra combattuta, muta vita radicalmente. Va ad abitare in campagna (dove, fra l'altro, si spende assai meno), dirada i convegni con gli amici, riduce la sua corrispondenza, e legge, legge, legge. Fervore di vita interiore, quieta serena intimità con Enrichetta, in attesa che il turbine dell'azione — per ora sopito — lo riafferri.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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