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      «Noi, scrive nel '52, viviamo in campagna ad un tiro di cannone dalla Superba. Amenissimo sito, una buona abitazione per poco ed il vantaggio che il padrone di casa mi ha completamente affidato una ricca libreria, per me risorsa grandissima». La casa sorgeva sul colle di Albaro, poco lungi da quella dei Cadolini, intimi di Pisacane, e dalla villetta «Paradisino» nella quale attorno ai fratelli Orlando solevan riunirsi a conversazione moltissimi loro amici emigrati.
      Giudicato dal di fuori, da chi non sapeva capacitarsi che un uomo del '48 potesse trascorrere gli anni fra i libri, in una placida attesa, questo ritiro spirituale di Pisacane poté sembrare dal punto di vista politico indizio di raffreddamento, di rinunzia; e non era. Ogni temperamento ha le sue diverse esigenze. Mazzini, ad esempio, checché protestasse in contrario, non produceva, non era lui, non viveva insomma, se non lo circondava l'affannoso va e vieni degli amici esuli o di passaggio, o non lo elettrizzava il miraggio di un'azione imminente. L'atteggiamento pacato di Pisacane, di molti altri vicini a lui, non poteva perciò non indispettirlo. Li conosceva «italiani» ardenti al pari di lui; come dunque potevano badare ai propri spirituali o materiali interessi, chiudersi o quasi nel cerchio della loro vita individuale, in attesa dei comodi «tempi migliori»? Se l'Austria impiccava e il Borbone colmava le galere, come non sentivano essi l'irresistibile bisogno di balzare in piedi, di gettare il libro, la penna, gli affari, per agire, per gridare al mondo la loro esasperata protesta?


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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