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      Ma sul terreno politico era miope lui quando, a Cattaneo che s'aspettava l'impero e prossime crisi sul Reno e sul Po quali conseguenze inevitabili del 2 dicembre, opponeva esser Napoleone un omuncolo troppo inferiore a sí gran compiti; ché se poi i fatti lo smentissero e nascesse per davvero la guerra, «mi sentirete in campo... Vivo sempre di questa speranza e attendo con pazienza».
     
      Beato nel suo ritiro, assorto nelle sue gravi letture (cui sempre seguivano copiosissimi appunti), Pisacane faceva tuttavia frequenti gite in città, sia per impartirvi quelle poche lezioni, sia per incontrarvi gli amici, sia per fruire della possibilità, preziosa per lui che s'andava facendo ormai scrittore di professione, di partecipare alle manifestazioni della vita culturale cittadina. Non se ne sa gran che; ma è probabile, ad esempio, che seguisse in qualche modo i lavori di quella Accademia di filosofia italica,(147) un po' circolo di conferenze e conversazione, un po' anche casa editrice, che il Mamiani aveva fondata intorno al '50 e della quale era membro, col Bonghi, col Boccardo e con molti altri, il Conforti, intimo di Pisacane; il quale forse da quell'ambiente studioso, seppure politicamente moderato, trasse gusto e abitudine alle letture di filosofia.
      Nel '51 Ausonio Franchi, terminata la sua Filosofia delle scuole italiane,(148) sorta di manifesto del razionalismo filosofico destinato a far chiasso e per la novità della tesi e per il brio dello stile e per la impeccabile stringatezza del ragionamento, la lesse a una cerchia d'amici e simpatizzanti tra i quali era il Macchi: è abbastanza probabile che Pisacane fosse del numero.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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