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      Sui primi del '53, una profonda emozione (che da Napoli condivideva, affettuosa, l'unica sorella di Pisacane, e con essa un suo figliastro professantesi ammiratore delle di lui prodezze rivoluzionarie): Pisacane è doventato babbo; è nata una piccola Silvia.(151) Ma da quante ambasce non venne turbata la gioia della paternità: tormento della cresciuta penuria, ora che le bocche da sfamare eran tre e s'era dissipata la speranza, da qualche tempo nutrita, di ottenere una cattedra nel liceo di Lugano, auspice Cattaneo;(152) meschinità burocratiche per la registrazione di Silvia, figlia illegittima e negata al battesimo: figurarsi, nel Piemonte cattolicissimo! Si dovette ricorrere a un notaio che attestasse lui, per atto civile, esser la bambina venuta alla luce. Ma Pisacane, fedele ai dettami di quella scuola del libero pensiero razionalista la quale andava in quegli anni combattendo in Italia le sue prime battaglie, si proclamò orgoglioso di avere impedito che il piccolo essere ignaro ricevesse il suggello d'una fede imposta. Sentiva d'averne difeso, lui padre, la libertà.
      Ahimè, poca salute fin da principio, povera Silvia, delicata creatura votata a una grigia vita di dolore e di rinunzia. E se non era il Bertani amico dei Pisacane, gran patriota e piú gran medico, a prenderne cura, la malattia gravissima che presto la colse e ne minacciò l'esistenza per quasi sei mesi se la portava via di sicuro.(153) Sei mesi di angoscia per Enrichetta, sei mesi di doppia ansietà per Pisacane: commossa riconoscenza d'entrambi, a guarigione avvenuta, per l'amico salvatore.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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