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      I Saggi non sono, in conclusione, un gran libro e Pisacane, non appena deposta la penna, si dimostrò ben poco fedele allo spirito loro e ai postulati teorici che v'avea svolti. Ma quale mirabile esempio, nella stessa loro insufficienza, non offrivano essi agli italiani!(172)
     
      Gli amici federalisti, che conoscevano il Pisacane dei Saggi, non intendevano come colui che aveva scritto in testa a un suo libro: «le rivoluzioni materiali si compiono allorché l'idea motrice è già divenuta popolare», colui che aveva ripetutamente bollato l'inutilità e la fragilità di una rivoluzione puramente politica, potesse da un giorno all'altro far marcia indietro e tornare all'insurrezionismo di Giuseppe Mazzini.(173) Ma Pisacane non li ascolta piú, quegli amici, o gli par che sragionino; serba in pieno le sue concezioni sociali e le sue riserve politiche, ma in sede teorica. E che, dovrebbe dunque, mentre le cose precipitano, mentre di giorno in giorno si corre il pericolo di veder Murat a Napoli, meriggiar quietamente sulla dolce riviera ligure, in attesa che lo spirito santo faccia germogliare nel cuore e nel cervello d'ogni italiano idee e volontà smarrite da secoli? No, queste idee, queste volontà, la fiducia nella propria energia e lo spirito di sacrificio, vanno suscitati e incoraggiati d'urgenza. Il processo di combustione interna italiana minaccia di risolversi, anziché in un gigantesco incendio purificatore, in una gaia luminaria di festeggiamenti a monarchi ambiziosi e fortunati: non spetta dunque agl'italiani del suo stampo di correr tutti, col tizzo acceso in mano, ad appiccare il fuoco?


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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