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      Se poi nella fretta accadrà di strafare o far male, vuol dire che il mal fatto si correggerà in appresso. Tutto fuorché l'adattarsi ai ripieghi e ai mezzi termini.
      Né s'avvede, Pisacane, o non vuole far mostra d'avvedersi, della contradizione in cui si dibatte. Precipita all'azione perché terrorizzato dalla possibilità che le cose italiane trovino una via d'uscita arivoluzionaria, ma intanto prosegue imperturbabile a proclamare che non può darsi soluzione definitiva se non nel senso propriamente rivoluzionario; pensa a una spedizione nel Sud in parte come contro-mina a Murat, ma intanto affetta non temere minimamente costui; nega che mai i Savoja possano farsi liberatori d'Italia, ma agisce esattamente come chi piú li paventa.
      Contradizione che è tutto un angoscioso dramma di coscienza: l'eterno dissidio, che ci tormenta tutti, tra esigenze di ragion pura e esigenze e richiami di ragion pratica. Ma in questo caso la contradizione non si spiega compiutamente, ahimè, se non ammettendo che l'esaltazione entusiastica della intelligenza, del valore, del carattere degl'italiani cui egli si è abbandonato nei Saggi (una specie di «Primato» in bocca a un socialista!) dichiarando di derivarne la certezza d'una soluzione integralmente rivoluzionaria della crisi italiana, corrisponda assai poco alle sue convinzioni profonde; e forse non sia che un accorgimento politico abilmente usato da chi, inclinando a pessimismo, voglia ciò non pertanto incitare i suoi connazionali all'osare. Poiché accade talvolta che i poltroni impenitenti si scuotano piuttosto a immeritate lodi che a giusti rimproveri.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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