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      Dinanzi alla sua dichiarata certezza (e insisto sull'aggettivo) ogni dubbio finisce col cadere, ogni contrasto si spiana; la penna pesante dei Saggi ci si rivela d'un tratto capace di scrivere con una robusta asciuttezza e un rigor logico davvero insospettati. Le sue lettere si rovesciano su Fanelli con tanta precipitosa irruenza che solo un freddo indifferente o un altro Pisacane potrebbero salvarsi dall'esserne travolti.
      Fanelli, si sa, non era né questo né quello: ma un entusiasta e un debole. D'aperta intelligenza, mazziniano convinto, gran volontà di fare, sí; ma anche un carattere morbidamente incerto, impressionabile, a scatti: nei momenti piú critici, quando soprattutto importa di conservare la calma, egli si perdeva invece in esaltate crisi d'entusiasmo o di terrore, sotto l'incubo di sproporzionati fantasmi.(223) Fisicamente incapace, dunque, nel suo squilibrio, di assumere o sostenere responsabilità, ché anzi la sola prospettiva che gliene venissero addossate bastava a paralizzarlo; e insieme, per generosità e per ingegno, uomo nato di prima fila!
      Tale il disgraziato corrispondente di Pisacane e Mazzini a Napoli, che avrebbe senza dubbio lasciato di sé migliore ricordo, se il Comitato di Napoli avesse seguitato ancora, dopo il '56, a disporre le pedine per la grande partita rivoluzionaria da giuocarsi in un lontano avvenire. Fanelli, non sapeva neanche lui com'era andata, si trovò invece, sui primi del '57, impegnato a fondo nella partita «bella», quando del giuoco ignorava affatto (e a lui pareva sinceramente d'averne avvertiti gli amici) le regole e perfino le mosse.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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