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      .. noi desideriamo che Isola (Ponza) accetti dal luogo, e quando ci dite Isola accetta tutto è fatto».
      Mazzini, con solenni parole, rincalza: «Noi individui, qualunque sia la nostra attività, non possiamo creare l'insurrezione d'un popolo: noi non possiamo che crearne l'occasione. O il popolo fa; e sta bene; o non fa, e non siamo mallevadori che davanti a Dio e alla nostra coscienza. Unico debito che ci corre è quello di studiare coscienziosamente l'opportunità del momento: coglierlo, e offrire con una mossa audace l'iniziativa alla nazione, è il genio rivoluzionario. Per me, per noi, il momento è giunto».(230)
      Prevedibile la risposta dell'atterrito Fanelli (16 aprile), che disperatamente s'abbranca all'unica leva lasciatagli in mano: «Nell'isola di Ponza non abbiamo relazione»; sei settimane di tempo sono il minimo indispensabile per stabilir dei contatti.
      Perché non dirlo prima? Perché aver perduto mesi preziosi? Perché ridursi alla vigilia dell'azione per confessare che organizzazione non c'è? Tali le accorate e sdegnose recriminazioni di Pisacane a Fanelli; al che questi, già rimbrottato dall'amico Fabrizi: ma «l'affare delle isole fu da me proposto quasi ad esempio... mentre molti altri avrei potuto proporvene». L'indulgenza di Pisacane ha questa volta un limite: «Voi — cosí lo fulmina il 12 di maggio — volete sciogliervi da ogni responsabilità, e fate bene, io per parte mia ve ne ho sciolto completamente...; ma dire che il negozio isola era un'idea, un esempio, perdonate ciò è un voler spingere la cosa troppo oltre.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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