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      Non appena ricevuto il famoso dispaccio, Fanelli, pur mal persuaso e sconvolto, aveva diramato nelle provincie l'ordine d'azione per il 13 giugno. Il contrordine fu adesso comunicato d'urgenza: ma ci volevano altro che ventiquattr'ore per giungere ovunque! Sí che, come si seppe di poi, all'indomani il lido di Sapri si mostrava insolitamente animato e la polizia borbonica notava, in varie località di provincia, segni di agitazione. Però niente di grave accadde, né tumulti né arresti.(274) Si eran salvate le possibilità di un prossimo bis e insieme si era inscenata una sorta di prova generale del movimento nei piccoli centri lontani, della quale e Fanelli e Pisacane, un po' alla leggera, si dichiararon soddisfatti appieno. La complicazione piú grave provocata dal rinvio era costituita piuttosto, o cosí parve, dalle confidenze pur vaghe che nella imminenza del moto Fanelli aveva creduto di dover fare agli esponenti del partito moderato costituzionale(275); vero è che in risposta alle sue sollecitazioni di aiuto o di benevola neutralità gli si eran prodigati molti no, se e ma; restava comunque il fatto, per niente rassicurante, che molta gente per principio contraria ai metodi rivoluzionari era ormai a conoscenza o subodorava il «segreto».
      La sera del 13 il Comitato di Napoli tenne riunione in casa Dragone, presenti, oltre Pisacane e Fanelli, Giuseppe Lazzaro, Teodoro Pateras, Giovanni Matina, Antonio Rizzo, Luigi Fittipaldi, Raffaello Basile e Giuseppe De Mata. I convenuti, a ciascuno dei quali faceva capo l'organizzazione rivoluzionaria in questa o quella provincia, resero conto dell'opera svolta, presentarono nominativi e statistiche, esibirono l'intero carteggio scambiato coi rispettivi nuclei.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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