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      Il suo resoconto, immediatamente firmato da ventuno dei suoi seguaci, si chiudeva con una Dichiarazione di superba bellezza:(312) «Sprezzando le calunnie del volgo, forti della giustizia della causa e della gagliardia delle nostre anime ci dichiariamo gli iniziatori della rivoluzione italiana. Se il paese non risponderà al nostro appello, noi senza maledirlo sapremo morire da forti seguendo la nobile falange dei martiri italiani. Trovi un'altra nazione del mondo uomini che come noi s'immolino alla sua libertà, ed allora solo potrà paragonarsi all'Italia, benché sino oggi ancora schiava».
      Dalle nove alle dieci le barche avrebbero dovuto essere in vista; il Cagliari accese speciali lumi a prua, incrociò nei paraggi, piú avanti, piú indietro, a velocità ridottissima: inutilmente. Si scrutò il mare da ogni parte, si ordinò, a bordo, il piú assoluto silenzio: le macchine sussultavano appena, si sarebbe potuto cogliere anche un grido lontano. Ma che: nessuna luce nella notte fonda, nessuna voce nel vasto silenzio.(313)
      Passavan le ore: si stava perdendo del tempo prezioso, in una ricerca probabilmente vana. Che fare? Gli stessi dubbi lancinanti che un po' piú tardi avrebbero attanagliato l'animo degli amici di Genova. Tornare a terra, come se niente fosse? Una fine tragicomica... Oppure attendere, incrociando in alto mare, il 29 di giugno, per sbarcare in qualche punto della Liguria, e marciare su Genova?(314) Ma le scorte di carbone non eran bastevoli;(315) e poi il moto di Genova non sarebbe stato contromandato, nella incertezza sulla sorte del Cagliari?


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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