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      Molto piú promettente e sicuro, se pur necessitava piú astuzia, il piano che si seguí.
      Il vapore doppiò l'isola e, invertita la rotta, avanzò fino all'imboccatura del porto, intorno al quale il paese raduna a gradinata semicircolare le sue casette dai colori vivaci. L'arrivo di un bastimento di quella stazza a Ponza era allora un fatto piú eccezionale che insolito: piccoli navigli a vela bastavano pel servizio dell'isola, e solo di tanto in tanto vi capitava, dalla prossima Gaeta, qualche scorridora borbonica in missione militare. Quando dal Cagliari, dunque, si fanno le segnalazioni d'uso per la richiesta del «pilota pratico», necessitando la nave di riparazioni, non è meraviglia che i ponzesi tutti e i relegati(318) — liberi questi di circolare in paese dall'alba al tramonto, e ghiotti, s'intende, d'ogni novità che venga a rompere la desolante monotonia di quella vita d'esilio — s'affrettino alle finestre e alla spalletta fronteggiante il porto, per godervi l'inatteso spettacolo.
      Il pilota s'accosta con la sua barca alla nave, disposta in modo da celare al paese la murata recante la scaletta d'imbarco: giunto che egli è sotto bordo, un gruppo di rivoltosi che ha preso posto in una lancia, ghermitolo, lo costringe con minacce a salire sul ponte per fornir schiarimenti sull'isola. Lo stesso trattamento, sempre inosservato da terra, viene usato al capitano del porto e a un ufficiale della piazza, sopraggiunti di lí a poco. Poi, mentre una signora che è fra i passeggeri (un'italiana residente a Tunisi) compiacentemente si presta a stornare eventuali sospetti camminando tranquilla su e giú sopra coperta,(319) il Cagliari s'avanza nel bel mezzo del porto, getta l'àncora, cala le imbarcazioni.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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