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      Il ponte del Cagliari, finalmente in navigazione, brulicava di gente. Ponza era già un episodio lontano, conchiuso: la spedizione principiava allora.
      Uomo di guerra e teorico della guerra, ecco dunque Pisacane al suo vero posto, e nelle circostanze migliori per applicare i suoi principii teorici! Non aveva egli infatti sognato sempre di trovarsi alla testa di un piccolo corpo insurrezionale, veloce, omogeneo, entusiasta, che partisse dall'Italia meridionale per risalire al nord, suscitando al passaggio ondate rivoluzionarie di crescente violenza ed ampiezza? Ebbene, ecco qua al suo comando trecento non già «soldati» ma volontari autentici, animati, se non da un comune desiderio di gloria, da un comune interesse: quello di seppellire nelle rovine del regime borbonico il loro turbinoso passato; incoraggiati da un clamoroso successo pur mo raggiunto; velocemente diretti verso un punto dove ad attenderli sono altri nuclei di armati; favoriti in pieno dal coefficiente «sorpresa». Potevano darsi condizioni migliori? Piú promettenti?
      Chiuso in cabina, Pisacane stillava — ricavandole dalla decennale esperienza di insurrezioni combattute o criticamente studiate — minute norme disciplinari e strategiche per le operazioni future del suo piccolo esercito: gli uomini divisi in tre compagnie, le compagnie in dieci squadre, i gradi assegnati a relegati politici o a militi della compagnia di punizione,(332) lui stesso generale, Nicotera colonnello, Falcone maggiore; distribuite le armi; nominato un Consiglio di guerra chiamato ad applicare un molto sommario codice militare.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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