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      Alla svelta, non senza qualche confusione, i rivoltosi scendono a terra, nei pressi di una casetta bianca, isolata, prescelta pel luogo di convegno. (Nessuna spigolatrice, oh! Mercantini, č presente: č notte, e sulla spiaggia non crescon le spighe).
      I capi gridano la parola d'ordine: Italia degli Italiani; il grido viene ripetuto una, due, dieci volte: nessuno risponde, nessuno appare. Silenzio che diffonde un primo sottile disagio. Possibile che sul lido di Sapri non abbia a trovarsi nessuno degli amici o che questi, trattenuti altrove, non abbian mandato qualcuno a recar notizie di loro? Eppure sul lido, fuor dei trecento, non c'č anima viva: due impiegati al telegrafo, che sopraggiungono, vengon senz'altro arrestati.
      Per rinfrancare i suoi uomini, Pisacane li arringa come se fossero veterani di cento battaglie: «Figliuoli, noi siamo stati ventuno individui che vi abbiamo liberati dall'Isola, adesso voi dovete liberare il Regno...»(338) Poi dą l'ordine che si avanzi su Sapri. A Sapri la Guardia urbana (una piccola squadra) č da tempo radunata a battaglia; ma non appena scorge vicino il nemico, scaricati per debito di coscienza i fucili, si dą alla campagna. Sapri viene cosķ occupata, lo stemma reale abbattuto e calpestato; ma le case del paese sembran deserte, porte e finestre restan serrate; la maggior parte degli abitanti son scappati in campagna, solo qualche donna o ragazzo curioso occhieggia dalle persiane socchiuse. Da un'osteria ancora aperta escono pochi uomini, ma oppongono un impacciato silenzio o rispondono per monosillabi alle infiammate perorazioni dei comandanti quella caterva di male in arnese.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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