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      .. oh allora, ogni parola è inutile...»
      Atroce presentimento: ora gli toccava in sorte anche la fine ignominiosa del brigante.
      Lo colpiron di fucile, al fianco sinistro; Pisacane piegò a terra. «... Siete assassini, si dice che mormorasse, mi derubate, ed ora mi uccidete: conducetemi alla giustizia»...(354) Non un barlume di estrema speranza, non la fierezza d'un dovere compiuto, e neanche il conforto della cristiana rassegnazione potevano rianimarlo o rendergli sereno il passo estremo. Non era questa la sognata ebbrezza della morte in battaglia. Misconosciuto, tradito dai suoi conterranei, confuso in una turba vile di galeotti, forse anche raddoppiava il suo affanno la coscienza della tremenda responsabilità che gl'incombeva proprio di fronte a questi umilissimi tra i suoi seguaci. Disperatamente deluso, solo nell'anima, tra gli urli selvaggi di quelle furie e il bestemmiar delle vittime, per cui neppure nel dolce pensiero della sua Silvia lontana e ignara gli era dato quietamente chiuder gli occhi alla luce, volle almeno morir di sua mano. Gli eran quasi sul capo, ormai, roncole, falci, spiedi, pronti ad abbatterlo come belva famelica, calata dai monti a devastare gli ovili: impugnò fermo la sua pistola, e con un colpo si sottrasse allo scempio.
      Falcone, il piú giovane, che gli era accanto e che a malincuore aveva obbedito al suo ordine di non resistenza, vistolo cadere, si uccise a sua volta; Foschini, sembra, si cacciò nel cuore il pugnale. Altri sei del gruppo di Genova vennero massacrati intorno a loro; Nicotera, accorso, gravemente colpito, venne lasciato per morto.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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