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      Perché Pisacane morto era per lui, ormai, quel che Jacopo Ruffini, i Bandiera, Tito Speri, morti, erano stati: una pausa di sbigottimento, di dubbio, di rimorso; poi un nuovo balzo in avanti, quasi disperato, piú risoluto che mai. Era la grande sua idea che cacciava sempre piú fonde le radici nel tessuto vivo della nazione italiana. Alla testa d'una colonna di martiri, egli, cui pur pareva che incombesse da un dí all'altro la fine, respinta solo da una volontà indomita, poteva ormai parlare parole solenni: non s'incarnavano in lui, con i diritti e le aspirazioni dei vivi, i diritti e le aspirazioni dei compagni caduti?
      Quanti, nei necrologi stampati per Pisacane o in intimi sfoghi, avevano deprecato il suo vano sacrificio!(375) Perfino Enrichetta: «è molto crudele che la sua morte non ha giovato menomamente al nostro paese». Mazzini solo misurava e capiva.
      Il viandante ansioso di varcare il torrente getta pietre una sull'altra, nel profondo dell'acqua, poi posa sicuro il suo piede sulle ultime, che affiorano, perché sa che quelle scomparse nel gorgo sosterranno il suo peso.
      Pisacane, anche lui, pareva sparito nel nulla. Ma sulla sua vita, sulla sua morte poteva posare, e posa, uno dei piloni granitici dell'edificio italiano.
     
     
      NoteNon volendo ingombrare il volume con note non strettamente necessarie, ho eliminato le innumerevoli citazioni della piú corrente bibliografia pisacaniana, limitandomi solo a riportar nelle note quei dati che, pur rivestendo una qualche importanza, non hanno potuto trovar luogo nel testo, e in generale le citazioni da fonti meno frequentemente usate; oltre che, s'intende, le notizie tratte da fonti fin qui inedite.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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