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      ..» Con particolare cura ribatteva poi il R. l'accusa pisacaniana d'aver egli inopportunamente affidato il comando della sortita del 10 di giugno 1849 a Garibaldi e d'aver rifiutato la proposta (fatta da P. il 3 di luglio) di chiudersi con le truppe nella città Leonina per sostenere un secondo assedio.
      (156) Nella sua risposta al Roselli, cit., P. affermava che la Guerra comb., in complesso, aveva giovato anziché nuocere al generale. «Stimando il generale, credendolo amantissimo di libertà, tollerante perciò dell'altrui opinione, amante di critica, era sicuro che avesse con piacere visto il mio lavoro; e tant'era profonda la mia convinzione a questo proposito che m'affrettai ad inviargli un esemplare della mia opera. Ma... il generale è offeso ch'io l'abbia detto debole, e la sua debolezza causa d'errori. Sperava egli forse da me la sua apologia?» E concludeva: «Lasciamo agli animi servili lo stizzirsi, come donnicciuole, ad una semplice osservazione, ed accettiamo con animo pacato la discussione. Grandeggiano, è vero, nei brevi rivolgimenti, uomini non degni, altri onestissimi vengono calunniati; ma il tempo fa giustizia di tutti... Consoliamoci ad ogni critico che sorge; le pleiadi di questi scrittori precedono sempre il risorgimento delle nazioni. Né potrà mai un popolo conquistare la libertà, se prima non conosca gli errori che lo condussero alla disfatta».
      (157) Dell'articolo cit. del TRUSIANI non merita conto dire gran che: era una smaccata apologia di Roselli e un'acidissima stroncatura di P., ricolma di insinuazioni e mezze calunnie, espresse, per prudenza, in forma dubitativa.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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