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      (169) Da buon socialista, P. non ha che parole di sdegno e di irrisione per il liberismo dottrina economica, e il liberalismo dottrina politica.
      La libertà fu comunque la vera e unica religione di P.; intorno ad essa, il suo concetto, i suoi limiti, la sua conquista ecc. egli scrisse pagine davvero non periture: quelle pagine appunto che conferiscono ancora oggi alla sua opera tanta freschezza e tanta attualità. «Rinunziare alla propria libertà per accrescere quella della patria, è lo stesso che mutilarla, per renderla intera; è un assurdo», scrive nel III Saggio, 155. E altrove (I, 35): «Non è già nel modo di concedere il suffragio e nella universalità di esso che consiste la libertà; ma bensí nelle istituzioni volte a limitare l'autorità». E ancora: «Agli Italiani è mestieri di educarsi a libertà... la libertà non può apprendersi... Per educarsi a libertà bisogna vivere, per quanto possiamo, liberamente; in tal guisa ognuno, educando se medesimo, educa tutti, e tutti compiono l'educazione di ognuno» (III, 155). E finalmente (III, 140): «Non parliamo di coloro che sotto il despotismo pretendono che il popolo si educhi a libertà per poi esserne degno; tanto vale dire ad un uomo legato: prima di scioglierti è d'uopo che impari a correre».
      «Il secolo XIX — scrive P. (III, 101) — sarà famoso nei fasti dell'umanità... perché in tal epoca il socialismo, d'aspirazione fattosi sentimento, ebbe partito, ed avrà attuazione».
      (170) Pur negando la necessità teorica e pratica di un governo centrale, P. ammetteva che nella società riformata socialisticamente si sarebbe dovuto organizzare una specie di consiglio nazionale, revocabile e sindacabile, cui devolvere la trattazione degli affari comuni.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





III Saggio Italiani