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      Metodo di soluzione), con l'isolare il problema napoletano da quello generale italiano, spianava in pratica il terreno a Murat.
      Cavour, è un fatto, dava a credere di non veder quelle trame troppo di mal occhio. Il 10 aprile 1856, infatti, nell'informare Rattazzi di un colloquio che avrebbe prossimamente avuto con Clarendon, Ministro degli Esteri inglese, gli diceva testualmente: «Credo potergli parlare di gettare in aria il Bomba. Che direbbe di mandare a Napoli il Principe di Carignano? O se a Napoli volessero Murat di mandarlo a Palermo?» Il 16 settembre '55 La Farina assicurava il Torrearsa, e il 31 ottobre il Ricciardi, che si era alla vigilia di una restaurazione murattista. «Ritenete queste mie parole non come notizie di giornali e come supposizioni, ma come un fatto positivo, stava quasi per dire un fatto compiuto». (La Farina, si sa, aveva le sue entrate in Piazza Castello). Pallavicino, a séguito di colloqui avuti coi ministri sardi, confermava (7 agosto '56): «Il governo piemontese non favorisce i... murattisti, ma non li avversa». Gli è che Cavour non si credeva né in diritto, né in grado di opporsi a una rivoluzione napoletana in favore di Murat. La sua politica fu quella di non avversare le ambizioni francesi, ma piuttosto di suscitare contro di esse le gelosie inglesi. A Corti, Incaricato a Londra, 5 settembre '56: informi Clarendon che il partito murattista guadagna giornalmente terreno e «qu'il agit désormais à découvert, ce qui ferait supposer un appui formel de la part de la France.


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Carlo Pisacane nel Risorgimento italiano
di Nello Rosselli
pagine 502

   





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