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      La terza guerra dell'indipendenza era terminata con i preliminari di Villafranca, che sancivano la cessione della Lombardia al Piemonte; le rivoluzioni scoppiate nell'Italia centrale sboccavano nelle annessioni al Regno di Sardegna. Ormai le modeste radunate di trenta o quaranta delegati di società operaie dovevano cedere il posto a piú importanti congressi, che avrebbero attirato rappresentanti d'ogni parte d'Italia: non si trattava piú di discutere gl'interessi di una piccola massa omogenea di artigiani e operai, accomunati da tradizioni, condizioni, bisogni, speranze comuni, sibbene di frazioni di un'immensa massa riunita solo dal comune desiderio di star meglio: profondamente diversificata, poi, se non altro, pel fatto d'esser dispersa su una superficie cosí vasta e d'aver vissuto, da regione a regione, esperienze tanto dissimili.
      Ma anche i piccoli congressi piemontesi avevano avuto la loro importanza: avevan dato il primo impulso a un movimento destinato a svilupparsi e a prendere sempre piú vaste proporzioni. Con le discussioni che vi si erano svolte avevano precisato e additato certi punti fondamentali del problema operaio, e insomma avevan costituito il primo tentativo di unificare le forze del lavoro.
      Gli operai delegati ai congressi, insieme ad elementi appartenenti ad altre classi sociali, partecipando a quelle discussioni o soltanto seguendole, avevano forse intravista la possibilità e l'efficacia di una azione economica e politica vastamente organizzata, alla quale partecipassero tutti i lavoratori della loro regione; si eran resi conto, fors'anche, degli interessi diversi, dai quali i rappresentanti di altri ceti erano mossi a occuparsi della questione operaia e a indirizzarla in un senso piuttosto che in un altro.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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