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      A quel motivo di consenso un altro se ne aggiunge, fondamentale: ché, in sostanza, di programmi concreti riguardanti la questione operaia non vi sono, allora, che quello mazziniano, e quello, se programma lo si vuol chiamare, dei moderati-conservatori. Quello mazziniano, preso in blocco, non potrebbe essere accettato da qualunque democratico. Un libero pensatore, ad esempio, o un monarchico, non lo sottoscriverebbe punto per punto. Ma la necessità di prendere posizione contro le concezioni sociali dei moderati e dei conservatori e il desiderio di operare attivamente in pro' delle classi operaie, spinge molti democratici ad aderire e a propugnare il programma mazziniano, non insistendo su quei punti che li trovano dissenzienti. I mazziniani, fortemente organizzati, agiscono su gran numero di associazioni operaie, alle quali inoculano, goccia a goccia, il loro programma sociale, teorico e pratico; quei democratici che non si sentono di accordare la loro attività filoperaia nel quadro dell'azione mazziniana debbono contentarsi di diffondere le loro idee in un circolo ristretto o limitare la loro opera allo studio di particolari aspetti tecnici della questione operaia e alla propaganda di determinate istituzioni pratiche.
      Mazzini si sdegnò quando, alcuni anni dopo il 1860, vide molti democratici abbandonare il suo programma per aderire a una nuova corrente, d'importazione straniera, che veniva allora acclimatandosi in Italia: quella dell'Internazionale. Quei democratici, dunque, lo tradivano o non avevano mai compreso la portata del suo programma?


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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