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      I clerico-reazionari speravano, con questa propaganda, di attirare al loro programma di restaurazione dei regimi caduti larghi strati della borghesia pavida e credente e le classi povere immiserite e ignoranti.
      L'unico risultato concreto che raggiunsero fu invece quello di esasperare nelle classi povere il naturale rancore contro gli abbienti, avviando i lavoratori verso l'idea e la pratica della lotta di classe(58) e di accentuare il loro indifferentismo di fronte alle vicende politiche del paese e la diffidenza istintiva verso i poteri dello Stato, ritenuti espressione degli interessi antitetici ai loro delle classi privilegiate.
     
      Nelle classi superiori, dunque, non v'erano che i democratici che s'interessassero vivamente e spontaneamente del problema operaio. Ma in Parlamento le rappresentanze dei democratici, dai repubblicani intransigenti ai monarchici convinti, non fecero nulla, o quasi nulla, in pro' delle classi operaie, limitandosi ad agitarsi in favore del suffragio universale(59) o a protestare periodicamente contro la gravezza e la sperequazione delle imposte.
      Ruggero Bonghi, scrivendo alcuni anni piú tardi, rivendicò «alla parte moderata, liberale, monarchica» quanto era stato fatto dal '60 in poi in favore del proletariato, e accusò la Sinistra di aver sfruttato il movimento operaio a fini rivoluzionari(60). Ma, dal '60 al '72, c'era poco da rivendicare in fatto di provvidenze filoperaie; e lo dimostra la quasi inesistente legislazione del lavoro(61).
      Sul diritto d'associazione non esistevano allora speciali disposizioni e un disegno di legge presentato con fini restrittivi nel 1862 dal Rattazzi non venne discusso.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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