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      La Società emancipatrice, che era il focolare dell'agitazione, fu sottoposta a una sorveglianza strettissima, mentre tutti i nuclei democratici che ad essa aderivano - fra cui molte società operaie - erano guardati con grandissimo sospetto. Ai primi di giugno Rattazzi presentò alla Camera un progetto restrittivo della libertà di associazione.
      Le condizioni del paese si facevano sempre piú gravi per l'agitazione generale; e la minaccia di una sedizione armata si andava precisando, col viaggio e la permanenza di Garibaldi in Sicilia, con la partenza di gruppi di giovani per il Mezzogiorno, con i tumulti quotidiani nelle grandi città. Il ministro moltiplicò gli arresti, i sequestri di giornali avanzati, le perquisizioni in case private e nelle sedi di varie società, sospette di favorire il movimento insurrezionale. E finalmente, con decreto 20 agosto 1862 sciolse la Società emancipatrice e tutte le organizzazioni aderenti.
      Molte società operaie, ormai quasi completamente trasformatesi in nuclei politici, furono inquisite, costrette a sospendere la loro attività(139); alcune vennero addirittura sciolte.
      La Società operaia di Reggio Emilia lamentò che, con lo scioglimento, venisse «a mancare intieramente il soccorso ai veri bisognosi e ai poveri soci ammalati»; Grilenzoni, che ne era il vicepresidente, diresse al Rattazzi una fiera lettera: «O abolite lo Statuto, signor ministro, se vi credete da tanto, o dovete religiosamente osservarlo il primo. Se vuolsi il dispotismo, si abbia il coraggio di proclamarlo»(140).


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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