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      Il De Gubernatis afferma che egli «avea pur dovuto passarvi (nella massoneria) perché gli forniva il modo di preparare altro»(251); e il Giannelli, che «aveva fiducia nella massoneria in genere, era esso stesso massone, ma s'ingannava, ritenendo che cotesta istituzione, guidata allora dal Frapolli in Italia, potesse neppure minimamente giovare, accettare od appoggiare le sue idee nichiliste»(252). Era, dunque, assai probabilmente massone; forse, come autorevolmente suppone il Nettlau(253), lo divenne a Firenze, con la speranza di acquistare in tal modo larghe aderenze nell'ambiente democratico e specialmente nella frazione mazziniana, allora in strettissimi rapporti con la massoneria(254). Quello stato d'animo che Mazzini, col suo apostolato di trent'anni, aveva creato in molti giovani delle classi medie e in qualche operaio intelligente, era quello stesso sul quale poteva contare Bakunin per la divulgazione della sua dottrina sociale in formazione.
      Celebre per la fuga dalla Siberia, ammirato come irriducibile ribelle e veterano delle battaglie per la libertà di tutti i popoli, Bakunin si mette dunque in contatto con gli elementi piú intelligenti e spregiudicati dell'estrema Sinistra. Con i quali, massoni o non massoni, egli aveva già molti principî e molte idealità comuni; e intanto, fondamentali, la sensazione che il paese non avesse davvero raggiunto un assetto definitivo; l'aspirazione in essi piuttosto vaga, ma generalmente condivisa, a una riforma prossima o lontana, totale o parziale, ma pur sempre a una riforma sulle basi politiche e sociali dello Stato italiano.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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