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      Mazzini era stato considerato da tutti, in Italia, come il rivoluzionario per antonomasia. A lui si erano accostati tutti quei giovani - dei quali l'Italia ha sempre avuto dovizia - che, assillati dalla volontà di agire, bramavano di sfogare in qualche modo quel bisogno di novità e di opposizione all'ordine costituito che è comune e naturale nella gioventú; tutti quei giovani che, tra i recentissimi ricordi delle cospirazioni, delle rivolte, dei martiri, degli eroismi, si erano educati a sognare una vita di avventure, di gloria, di sacrificio ed erano pronti a buttarsi in questa corrente politica che promettesse piú novità, piú mutamenti, piú rumoroso impiego della loro quasi sempre effimera, ma pur sempre impetuosa inquietudine.
      Qui sta tutta l'importanza della propaganda di Bakunin. Il quale inizia una campagna contro Mazzini non dal consueto punto di vista dei conservatori o dei moderati, dei costituzionali o dei cattolici, ma da quello ultrarivoluzionario; affronta Mazzini sul suo stesso terreno di lotta e mostra ai giovani non quello che egli dice di essere, ma quello che - secondo lui - egli è in realtà: insufficiente, tiepido, dogmatico e, quanto al nascente movimento operaio, prodigo somministratore di soporiferi di pretta marca borghese.
      Alcuni giovani restano scossi da questa propaganda e inclinano ad accogliere il novissimo verbo, che apre tutte le possibilità e non preclude nessuna via alla loro smania rinnovatrice. Altri, turbati anch'essi, oscillano ormai incerti tra il socialismo rivoluzionario e il mazzinianismo, incapaci di una risoluzione netta e definitiva(256).


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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