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      Soprattutto cercò di mostrare come tutti i problemi che i democratici della Lega avevano affrontato, non si potessero risolvere che con la rivoluzione sociale. Solo la rivoluzione può travolgere gli Stati centralizzati e centralizzatori, sostenuti dagli eserciti permanenti. Finché questi organismi sussistono, le guerre sono inevitabili. Esse favoriscono gli interessi di piccole minoranze che tengono in assoluta soggezione le masse. Quindi la causa della pace e quella dell'emancipazione proletaria sono strettamente legate.
      A noi non interessano le conclusioni cui il congresso, diviso in due correnti - quella socialista e quella democratica liberale degli iniziatori della Lega - giunse dopo vivacissima discussione. Basti dire che si riuscí a trovare un accordo dichiarando la necessità di far mettere all'ordine del giorno in tutti i paesi la situazione delle classi laboriose e diseredate e che alla prima corrente aderirono, fra gli altri, due italiani: Gaspare Stampa e Carlo Gambuzzi, quest'ultimo rappresentante del napoletano circolo Libertà e Giustizia(330).
     
      Erano, Garibaldi, Gambuzzi e Stampa, appena tornati in Italia, si era appena spenta l'eco di quelli che Mazzini chiamò «gli stupidissimi discorsi» di Ginevra(331), che il doloroso episodio di Mentana dimostrò appieno quanto Mazzini avesse ragione a non volersi legare a una società per la pace ad ogni costo, quand'era evidente la necessità di ricorrere ancora alle armi, per il trionfo dell'idea democratica.
      Gambuzzi e Fanelli - i due piú intimi e piú convinti amici che Bakunin avesse lasciato in Italia - corsero ad arruolarsi.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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