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      Scrivendo nel '71, Mazzini contrappose in certo modo questo periodo di vita nuova inaugurato dal Congresso di Bruxelles al primo periodo, a quello che aveva veduto e tollerato la convivenza e l'urto di dottrine diverse, francesi, inglesi, tedesche e, in qualche misura, italiane; e affermò che il secondo fu quello che, dritto dritto «condusse ai tristissimi recenti casi... L'imperfetta dottrina lasciava un vuoto; e in quel vuoto entrò l'anarchia, entrò la negazione d'ogni permanente elemento sociale, entrò l'ira, entrò l'esagerazione che fa ingiusto il giusto e che cova in fondo a tutti i partiti».
      Ma il giudizio cosí severo di Mazzini era un giudizio a posteriori. Nel 1868 egli medesimo vedeva le cose con piú ottimismo; scriveva infatti all'amico Campanella, il 14 novembre 1868: «L'Associazione internazionale, buona nel concetto, è dominata un po' troppo da un Marx, tedesco, piccolo Proudhon, dissolvente, odiatore, che non parla se non di guerra da classe a classe. La sezione inglese è buona. Il resto val poco. Non può condurre a gran che. Corrispondenza di simpatia, ma senza impegnarsi in cose che non faranno se non a rapir tempo e denari agli operai nostri. Ne riscriverò, del resto. Intanto, di' questo alla consociazione»(364).
      A pochi giorni di distanza dal Congresso di Bruxelles si radunò a Berna, per la seconda volta, quello per la pace (21-25 settembre). Bakunin vi partecipò insieme a molti suoi amici, tra i quali gli italiani Fanelli, Friscia, Tucci, Gambuzzi. Quest'ultimo lesse una diffusa relazione sulla questione politica, presentando anche, sull'argomento, una risoluzione di netta ispirazione bakunista.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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