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      Secondo il Fano, nel 1869 si contano in Italia «circa trenta società di consumo nelle quali prevale il concetto cooperativo. Ché se si vogliono noverare le società tutte che vendono agli operai le derrate necessarie alla vita senza proporsi guadagno di sorta,... ve n'ha forse piú di cento»(419), Il maggior numero degli spacci cooperativi è aperto e gestito dalle società di mutuo soccorso(420).
      Le cooperative di produzione si moltiplicano. A Milano se ne fonda una fra i nastrai, nell'ottobre 1869(421). Altre sorgono a Bologna, a Lodi, a Genova e in molte altre città - ma come trovarne notizia? la debole consistenza finanziaria, l'ancor piú debole costituzione tecnica e amministrativa le condannarono quasi tutte a vita brevissima, a dissolversi cioè prima di trovar posto nelle statistiche(422).
      Molti intellettuali seguitano a vedere nella cooperazione l'unico rimedio efficace ai pericolosi mali sociali. «Ai prodi pionieri di Rochdale promulgatori fecondi della formula che sola può sciogliere la minacciosa questione sociale» dedica il Viganò la sua opera sulla cooperazione; nella quale scrive che solo le cooperative «ponno condurci alla conciliazione del capitale col lavoro - ovvero evitare la bufera immensa, micidiale che tuona incessante ovunque: guai se ci opponiamo al movimento cooperativo generale»(423).
      L'attuale condizione degli operai, ammonisce il de Cesare, «sarà sempre una minaccia o un pericolo per l'ordine sociale... Alle società cooperative è dato risolvere oggidí questo problema»(424).


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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