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      Le espressioni mazziniane sulla necessità di sostituire a ogni altra imposta un'unica tassa progressiva sul reddito e al salariato il sistema della cooperazione di produzione, le sue dichiarazioni teoriche sul diritto dei lavoratori a godere il frutto intero del loro lavoro, gli parevano nonché combaciare superar quasi la dottrina internazionalista.
      Il che ci aiuta non poco a spiegarci il come e il perché della vampata internazionalista che nel '71 corse l'Italia. Gli è che dell'Internazionale si avevano idee imprecise e contraddittorie; si moltiplicavano, sí, i seguaci fedelissimi di Bakunin che i suoi postulati accettavano in blocco se non addirittura esageravano; ma i piú, con Garibaldi alla testa, si ostinavano a prender dell'Internazionale quel che loro piú persuadeva, a ignorarne i principî piú radicali e non per tanto a dichiararsi internazionalisti convinti e assoluti(580).
      Il Friscia - a giudicare da questo articolo - apparteneva a questa seconda piú numerosa schiera. Il suo articolo si chiudeva con un appassionato appello a Mazzini, affinché non ripudiasse tanta parte della democrazia italiana, accanendosi su questioni di carattere secondario. «La gioventú italiana è con voi, gli operai del mondo vi amano e vi ammirano, ma non date loro l'indicibile dolore di dover combattere le ultime battaglie per la redenzione della plebe senza la direzione e l'appoggio del vecchio portabandiera della libertà».
      Proprio mentre «Il Gazzettino rosa» stampava la Risposta di Bakunin, Mazzini ribadiva il suo atteggiamento con un lungo e bellissimo articolo dal doloroso titolo Gemiti, fremiti e ricapitolazione, stampato sulla «Roma del Popolo»(581). Rilevava gli attacchi sempre piú frequenti cui era fatto segno e, penetrando nel bel mezzo delle posizioni avversarie, additava le contraddizioni, le inesattezze, l'arbitrarietà dei loro argomenti, ripeteva che quel che lo addolorava soprattutto era il vedere a poco a poco trionfare, «in una frazione di giovani buoni ma sviati dietro a tristi esempi stranieri, il bollore di passioni irritate dalla resistenza, gli sdegni inconsiderati, le esagerazioni che ritardarono e ritardano l'avvenire, l'odio che cela o profana il vero ed è conscio o inconscio egoismo». Si mostrava infine preoccupato per le conseguenze che l'atteggiamento dei democratici e di alcune frazioni della classe operaia poteva produrre sullo stato d'animo dei medi ceti; di quei medi ceti senza la collaborazione dei quali la soluzione della questione sociale era, ai suoi occhi, utopia irrealizzabile; e si faceva a tranquillizzarli, incitandoli a non sopravvalutare sintomi pericolosi, sí, ma pur sempre sintomi e quindi contenibili; a riconoscere, però, la loro parte di responsabilità nel determinarsi di quelle nuove tendenze.


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Mazzini e Bakunin
di Nello Rosselli
pagine 458

   





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