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      L'Italia, per la sua posizione geografica e per la sua struttura, è in qualche modo il perno della politica mediterranea: fino dalla seconda metà del secolo XVI, dunque, l'Inghilterra guarda con interesse a questo paese, nel quale non ha (e non avrà mai) dirette aspirazioni territoriali, ma che considera, oltreché un ricco mercato di assorbimento per i suoi manufatti e in genere per le sue importazioni da altre parti del mondo, il piú idoneo pontile di sbarco per la diffusione delle sue merci in tutta l'Europa centro-meridionale. I migliori affari, in questo periodo, essa li conclude in particolare con i minori Stati della penisola, Toscana, Venezia, Piemonte, i quali, tutti circondati e stretti dall'Italia spagnuola, concedono senza troppe difficoltà le piú ampie facilitazioni commerciali pur di attirare o di riattirare nei loro porti le grandi correnti sviate del traffico. Colonie di mercanti inglesi si stabiliscono con profitto a Livorno e a Nizza. Ma è con lo Stato sabaudo che le relazioni si annodano specialmente cordiali: alle ragioni economiche che fanno di Nizza, in concorrenza con Genova, dapprima irretita nel giuoco spagnuolo, poi in quello francese, lo scalo migliore per i mercati dell'Italia settentrionale, verrà ben presto ad aggiungersi, infatti, l'interesse politico, che all'Inghilterra consiglierà di tenersi amico in ogni occasione il portiere delle Alpi, facendogli balenare la possibilità di lauti compensi territoriali, qualora tenga ben chiusa la porta ai Francesi.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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