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      I diplomatici francesi, imaginosi e attivissimi, stavano sempre all'erta, e figurandosi che ogni giorno si presentassero per la Francia superbe occasioni, che bisognava non lasciarsi sfuggire; ogni loro rapporto dall'Italia conteneva quasi sempre, è vero, una versione arbitraria e parziale degli avvenimenti del giorno, ma almeno vi si notava un perenne sforzo di penetrazione e di sintesi dei mille dati d'ogni sorta che cadevano sotto al loro mobilissimo sguardo; continuamente costoro facevano e disfacevano l'Italia, pronti a trarre partito anche dalle circostanze piú avverse. Gli osservatori inglesi non tenevano davvero il Foreign Office in cosiffatta perpetua agitazione, né ambivano punto di esporsi, come i loro colleghi e antagonisti, a essere il piú delle volte smentiti, nelle loro previsioni, dal corso degli avvenimenti: cauti e riservati, ripetevano per lo piú, nei loro rapporti, quello che nelle varie corti si diceva ufficialmente o veniva loro comunicato da personaggi autorevoli; non interrogavano mai il paese, e, se anche si occupavano di letteratura o avevano contatti con gli uomini di scienza, non mescolavano mai le nozioni che da queste letture o incontri potevano loro derivare con la politica o con la diplomazia. E perciò quello che maturava nel sottosuolo italiano e che, pur manifestandosi talvolta per segni anche evidenti, non formava oggetto di comunicazioni e di transazioni ufficiali, generalmente sfuggiva loro, e comunque essi non sapevano apprezzarne l'importanza o il valore di sintomo.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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