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      E se doveva andare annessa a qualche minore potenza, non era meglio ridarla ai Borboni cui dopo tutto si era mantenuta fedele e che per la sua vicinanza grandissima ai loro dominî di terraferma l'avrebbero piú facilmente potuta difendere?
     
      Dal 1815 ai primi mesi del 1859, l'Inghilterra, dunque, consacra ogni sua energia alla salvaguardia dello status quo territoriale italiano, di continuo turbato e minacciato da una serie di fattori interni ed esterni. Interni, l'inquietudine crescente degli strati socialmente piú elevati della popolazione italiana, tra i quali sempre piú si diffonde, dopo l'esperienza francese, l'intolleranza degli anacronistici regimi dispotici e della diretta o indiretta dominazione straniera; il malcontento del ceto commerciante per le divisioni della penisola che, concretandosi in varietà di leggi e di regolamenti, in pluralità di barriere doganali e di sistemi monetari, in molteplicità d'intoppi alla circolazione, si risolvono in un gravissimo danno alla loro attività e alle loro iniziative; e finalmente le gelosie fra i principi italiani, o aventi dominio in Italia, travagliati pressoché tutti da smanie d'accrescimento. Fattori esterni, per non citarne che due, operanti negli anni immediatamente successivi al Congresso di Vienna, la sollecita ripresa della politica francese mirante a sostituire la propria influenza a quella dell'Austria presso le varie corti italiane e, in caso d'insuccesso, a screditare nella popolazione i regimi esistenti; e la piú che dubbia attività liberale e costituzionale svolta dagli agenti politici russi: ai quali due fattori ben presto si aggiungeranno gli errori compiuti dall'Austria nell'amministrazione dei suoi possessi italiani.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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