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      Neanche per idea: l'Inghilterra inverte la rotta non appena si avvede che la guerra sul Po, con le complicazioni che suscita nell'Italia centrale, promette di liquidare, nella penisola, la Francia, ricattata dalla Prussia e profondamente agitata, nell'interno, della rivolta dei conservatori cattolici. Villafranca non è davvero un successo inglese, ma innegabilmente lo è lo sfruttamento che di Villafranca l'Inghilterra conduce con abilità consumata e una duttilità che si riallaccia alle migliori sue tradizioni politiche. Ora sí che il programma revisionista inglese, seppure dilatato al di là di ogni previsione, si attua a dovere: e cioè a tutte spese della Francia. Né importa se l'Austria esce da quella guerra mutilata: da tempo il Foreign Office è andato avvertendola, infatti, che la potatura di un ramo gioverà a rinforzare il suo stracco organismo; da tempo essa anticipa il vantaggio che all'Inghilterra deriverà dalla conseguente maggiore efficienza dell'Austria nel settore balcanico. Se nell'Italia centrale le restaurazioni restano un pio desiderio, questo è in gran parte merito inglese; come merito inglese è la spinta alle annessioni, sbaragliamento definitivo di effettivi o supposti piani di Napoleone in vista di sostituire al granduca un suo luogotenente. Gl'Italiani sanno di dovere agli amici inglesi se quel promettente principio dell'opera di riconquista della loro indipendenza e, ormai, della loro unità nazionale, ha potuto attuarsi senza provocare ritorni offensivi dell'eterno nemico e fors'anche dell'alleato di ieri.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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