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      Che era giusto, dopo tutto. Solamente un lungo corso di anni, vissuti da Carlo Alberto in penosa ma fruttuosa macerazione di spirito, poteva giustificarlo agli occhi del suo re, e, che piú importa, del suo popolo: anni durante i quali le drammatiche antinomie del processo nazionale italiano, che avevano travolto il giovane principe, si sarebbero di continuo ripresentate, maturando cosí lentamente nuovi svolgimenti e nuove soluzioni, superanti e integranti quelle esigenze in contrasto.
      Ma torniamo allo Hill. Congedatosi da Carlo Felice, egli si presentò alla regina regnante, e quindi all'ex re Vittorio, il quale, accoltolo con l'usata cordialità(65), lo trattenne a lungo colloquio. È un vero peccato che il Rodolico non abbia analizzato il resoconto che lo Hill ne dette in quello stesso dispaccio del 12 agosto già da lui esaminato per le dichiarazioni di Carlo Felice. Ne giudichi, del resto, il lettore:
      Sua Maestà - cosí scriveva il ministro inglese - confermò l'opinione del suo regale fratello, secondo la quale il principe di Carignano verrebbe condannato se gli fosse concessa una corte marziale. Il re dichiarò che quando il principe, giunta la prima notizia della rivolta di Alessandria, si era recato da lui a Moncalieri insieme col generale Gifflenga(66), egli lo aveva, sí, perdonato per ogni sua colpa antecedente a quell'episodio; ma a quel tempo, osservò Sua Maestà, egli ne sapeva ben poco, giacché il principe non era stato gran che compromesso dalle carte sequestrate al principe della Cisterna.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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