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      Avventuratamente ai primi del 1832 mi caddero in mano i libri della scuola sansimoniana, non ancora bamboleggianti nelle sguaiataggini teocratiche del padre Enfantin. E questa dottrina che ci conciliava col nome di religione, bandito dalle scuole materialiste, e a difetto di sintesi religiosa attribuiva i mali presenti, e separando i periodi critici dai periodi organici, un nuovo periodo organico prometteva a ricomporre l'armonia fra la materia e lo spirito, l'individualità e l'associazione, la libertà e l'autorità, la conservazione e il progresso, dottrina siffatta dai pantani del gretto materialismo mi sollevò a piú spirabil aere; e colla certezza di cooperare alla sintesi religiosa futura partecipai alla piccola chiesa sansimoniana nel 1832 formatasi nell'università di Pisa, e seguitai dipoi con altri miei compagni di studi il movimento delle questioni chiamate sociali(137).
      Cosí il Montanelli stesso, nel 1853; ma già sei anni innanzi, conversando col sopraintendente dell'università di Pisa, gli aveva confessato di avere «nei tempi andati seminato nel popolo gli errori del sansimonismo»(138).
      Nel maggio del '32, del resto, lo stesso Montanelli aveva scritto al Centofanti:
      Da quattro mesi in poi ho abbracciato interamente con molti altri miei amici la dottrina di Saint-Simon, ed ho sofferto ancora delle vessazioni. Fin da questa epoca il vecchio uomo è in me interamente disperso. La mia vita è cangiata - essa ha uno scopo(139).
      Queste notizie vennero confermate dai biografi del Montanelli, prima di tutti dalla moglie di lui(140), la quale, attingendo, senza dubbio, alle confidenze verbali del consorte, raccontò altresí come rapidamente e miseramente quel tentativo andasse a finire.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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