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      E come si poteva mai sperare che l'imperatore avesse a prenderlo in seria considerazione? Ond'è che l'Aquarone, evitando i circoli ufficiali, «batteva» soprattutto i ritrovi della democrazia militante, come non senza scandalo e allarme si dovette ben presto constatare a Palazzo Vecchio. Ci si trovava senza dubbio di fronte ad uno dei piú seri tentativi che fossero stati messi in opera dal 27 aprile in poi per sottrarre al governo l'iniziativa e la direzione della grande politica in una col controllo della cosí detta «volontà» popolare. Il ministero toscano si trovò, o ritenne di trovarsi, a mal partito; temette davvero un bis del '48; fantasticò che la «piazza» stesse per sopraffarlo(242). Furono i contatti dell'Aquarone e dei suoi accoliti col gruppo dolfiano che lo preoccuparono? Credette davvero che il governo di Torino, mal ragguagliato delle cose toscane, avesse macchinato di rovesciarlo per sostituirgli degl'intriganti interessati appunto a dipingere l'oligarchia fiorentina come tendenzialmente autonomistica? E l'uno e l'altro motivo contribuirono certo a determinare all'azione il binomio Ricasoli-Salvagnoli(243), ma forse piú che tutto il nome (ben presto rivelatosi, nonostante gli sforzi del Montanelli per tenersi nell'ombra(244)) di colui che nell'ottobre del '48 aveva «rovinato» la Toscana con la sua rivoluzione democratica, e che adesso, dal Piemonte, dirigeva le fila del nuovo complotto. Cedendo alla suggestione, o piuttosto alla «grande paura» del '48, non ci s'immaginava forse che allato del Montanelli, e consapevole, anzi solidale dei suoi progetti, fosse anche adesso il Guerrazzi?


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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