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      Ma sarà proprio necessario ricorrere a supposizioni del genere, quand'anche si voglia considerare la sua mancata adesione, in seno all'assemblea, al voto dell'immensa maggioranza dei deputati, un gravissimo errore?
      Le accuse di «plonplonismo» al suo indirizzo si erano andate intensificando e aggravando. Le echeggiavano a gara, ormai, da Parigi il Pasolini(350) e il Peruzzi(351), da Londra il Corsini(352) e a Firenze un po' tutti quanti, dal Capponi(353) al Mazzini, di fresco giuntovi, come si sa, in un incognito parecchio trasparente(354). Queste accuse acquistavano adesso tanta maggior consistenza in quanto resultava che alla corte imperiale, nonostante le recise smentite degli ambienti ufficiali, il progetto «plonploniano» cominciava ad essere favorevolmente gustato(355). Non si venne perfino a sapere che il 19 d'agosto eran partiti da Parigi alla volta d'Italia due agenti del principe Napoleone, uno dei quali, il Texier, amico personale del Montanelli, e l'altro, il Sarda Garuga, espressamente incaricato dal principe di visitare diverse personalità dell'Italia centrale(356), fra le quali il Farini, il Cipriani, il Pepoli, il Matteucci, l'Albéri, il Montanelli?(357).
      Sembrerebbe dunque di dover convenire che, se non alla fine di luglio, almeno verso la metà del mese successivo il Montanelli «scoprisse le sue batterie». Viceversa è nostro preciso parere che, nonostante l'imponente mole di prove a suo carico, il suo atteggiamento restasse anche allora quello che già avemmo a chiarire per l'addietro: e cioè che né egli né gli altri «francesizzanti» promuovessero attivamente la candidatura napoleonica, ma nel contempo neanche la scartassero, ritenendosi positivamente obbligati, per il bene stesso del loro paese, a indagare la convenienza e la probabilità di riuscita nel modo stesso che adoperavano per le altre soluzioni proposte del problema toscano(358). Il Montanelli si era tenuto, nel complesso, in riserva fin quando i destini di questa parte d'Italia erano rimasti impregiudicati; ma ormai che, riunita l'assemblea, si voleva dal governo sforzarla a votare un partito definitivo, egli avvertiva l'imprescindibile dovere di uscire da quel riserbo per definire il suo punto di vista: il quale comportava l'attiva collaborazione delle quattro assemblee dell'Italia centrale in vista di addivenire alla formazione di un unico Stato da sottoporsi, in attesa degli eventi ad una dittatura o reggenza provvisoria.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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