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      Con quanto scandalo, putacaso, non hanno veduto alcuni giorni addietro partir da Fucecchio, prosaicamente ingabbiata con su l'indirizzo del compratore, la vecchia poltrona sulla quale il Montanelli soleva sedere...
      Giro pel paese, in traccia di questi ricordi. E mi sembra che, a parte qualche restauro o qualche fabbrica nuova, Fucecchio dovesse esser proprio cosí, anche tre quarti di secolo fa. Il caffè «Iris», certo, si sarà chiamato altrimenti; e dove ora è il Fascio ci sarà stata la Società operaia, intitolata a Montanelli, suppongo, con sull'uscio la fatidica insegna del mutuo soccorso, due mani che si stringono. Beati i paesi che nascono in groppa a un dirupo, a rispettosa distanza sia dalla strada ferrata che dalla via nazionale! Son quelli che conservano immutati nei secoli i loro caratteri esterni, il tipo etnico, la lingua.
      Fucecchio, l'ho detto, sorge tutta su quel dirupo, del quale occupa la scarpata a mezzogiorno e ponente: solo poche case, fra le piú vecchie, ma in compenso quasi tutte le nuove son sciorinate in pieno, quasi ad accogliere al loro arrivo le strade diritte e alberate che giungono da Castelfranco di Sotto, da Santa Croce, da Altopascio, dopo un viaggio avventuroso tra i poggi, il piano, il padule. A levante, sul pendio, le due torri quadrate, un cinquanta passi una dall'altra, parlano, coi pochi avanzi delle antiche mura, di Fucecchio medievale, terra contesa tra Lucca e Firenze.
      La casa nativa del Montanelli è a mezza costa, semplice e grigia in una via traversa; l'altra che poi fu sua, e nella quale morí, quasi un palazzo (ora è deserta; ma l'hanno adocchiata per farne un asilo d'infanzia) s'inalza invece, in pieno mezzogiorno, sull'orlo del dirupo.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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