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      Quanto poi alla guerra del '66 e ad Aspromonte e Mentana, le facili critiche che a quegli episodi si muovono rivelano un doppio errore di valutazione assoluto e relativo (relativo appunto alle necessità del tempo).
     
      La guerra del 1866.
      Fummo soverchiati, è vero, a Custoza e non riuscimmo a fare di Lissa la prima vittoria che costituisse come il solenne atto di nascita dell'Italia grande potenza. Ma son, questi, accidenti se pur dolorosi, frequenti nella vita delle nazioni attive e operose; e il criterio per giudicare della loro gravità va ricercato, ci sembra - quando, naturalmente, non si tratti di sciagure rovinose per l'esistenza stessa del paese - non tanto nella entità delle perdite subíte in scontri poco fortunati, ma nelle conseguenze profonde, positive o negative, elevanti o deprimenti, suscitatrici d'energia, o viceversa, che recano nella vita della nazione. Se cosí è, né CustozaLissa vanno deprecate: disavventure di una guerra che, dichiarata a soli sei anni di distanza dalla costituzione del regno - ed erano appena cessati i violenti e minacciosi conati antiunitari - rappresentò una vittoria gigantesca già di per sé, per il solo fatto che un governo avesse avuto l'audacia di volerla e il paese di farla. E poi: una guerra nostra contro l'Austria, e cioè contro una grande potenza per davvero, d'antica e ancor salda consistenza unitaria, militarmente forte, politicamente ricca di prestigio in Europa(387).
      Nessun precedente. Non il '48, che aveva colta l'Austria di sorpresa e attaccata dal di fuori quando già minata all'interno: rivolta, e poi guerra e guerriglia, gloriosissime, sí, ma non guerra vera.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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