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      La guerra non volse bene per noi. Che perciò? Fu guerra onorevolissima e le nostre cosiddette sconfitte restarono inulte solo perché la guerra terminò precipitosamente negli altri settori. Ma la vittoria grande, vera e profonda la riportammo pure, e pochi se ne accorsero (se ne accorse l'Austria, che si piegò a riconoscere il regno solo dopo la guerra)(391). E fu che il paese, cosí fragile, cosí recente, cosí diviso pur ieri, sopportò bene la prova. Ne uscí cioè piú robusto, piú maturo, piú unito, come provò la stolta minacciosa rivolta di Palermo, condannata dalla coscienza unanime e schiacciata inesorabilmente tra la generale soddisfazione, quasi il paese volesse ammonire i rivoltosi che i problemi interni italiani, per gravi che fossero, s'avevano ormai a risolvere pacificamente tra noi, l'Italia superandoli tutti, non essi l'Italia e la sua indissolubile unità.
      Gli italiani non valutarono allora l'enorme importanza della guerra, anzi si diffuse per tutti un senso di disagio e quasi di vergogna, come se portassimo via la Venezia, che da quella guerra ci venne, alla Prussia orgogliosa di vittoria(392). Superba crisi, dimostrativa nel piú alto grado di quanta strada il paese in pochi anni avesse percorsa, di come la coscienza nazionale s'andasse formando e diffondendo il senso geloso dell'onore nazionale - e cioè di quanto quella guerra fosse stata, meglio che opportuna, indispensabile.
      La Destra, dichiarandola, aveva dimostrato di riporre nel paese una fiducia che a molti, sul momento e anche piú tardi, era parsa intinta di eccessivo ottimismo(393). Ma il paese aveva risposto magnificamente e non tanto o non solo con la condotta tenuta durante la guerra, ma meglio e soprattutto con quello scoramento virile, orgoglioso, che lo prese a guerra finita.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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