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      I partiti.
      Non sussistevano, a quei tempi, i grandi partiti di masse; l'Italia non conosceva ancora, cioè, la sovrapposizione tanto lamentata in oggi degli interessi di partito o di categoria a quelli collettivi o nazionali, e le conseguenti paralisi della vita del paese, pauroso scoglio per i regimi costituzionali. È vero; ma se, pur tralasciando di soffermarsi su quei casi noti e gravissimi nei quali la Destra ebbe ad urtare contro la resistenza rabbiosa opposta da vaste porzioni del sottosuolo sociale al proprio coordinamento e subordinamento all'ordine statale(439), si esamina la situazione dei partiti tra il 1861 e il 1876, nell'ambito della Camera, si riconoscerà che, in un piú ristretto cerchio, questi non costituivano per la Destra una difficoltà minore dei partiti odierni. Qual piú qual meno numeroso, eran tutti infatti profondamente consci della propria storica importanza e del diritto esclusivo di governare la cosa pubblica. A ciascuno di essi il paese andava in parte debitore del proprio costituirsi a nazione o almeno ciascuno di essi gli rinfacciava il debito presunto: dai repubblicani che sostenevano risalisse al loro gruppo l'onore di avere suscitata l'iniziativa del Risorgimento, ai cavourriani persuasi di averlo essi soli reso possibile, era un digradare di frazioni politiche fieramente avverse le une alle altre, tutte benemerite, fra le quali era forza al governo destreggiarsi e tirare innanzi senza disgustar seriamente nessuno(440). E ai disgusti non erano davvero alieni né difficili quei partiti se, nel novembre 1863, una ventina di deputati della Sinistra presentavano le dimissioni per essersi trovati in minoranza alla Camera nel deplorare la politica repressiva.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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