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      Lodi, sí, all'eroismo degli insorti, e alle loro aspirazioni repubblicane; indulgenza per i loro, in parte giustificabili, eccessi; vergogna eterna alla codarda assemblea versagliese; in guardia però da ogni esaltazione per il programma parigino, che, applicato integralmente, annienterebbe la Francia come nazione, riducendola ad una federazione di comuni autonomi. Di mano in mano che Mazzini s'accorge della crescente infiltrazione delle idee comunarde in Italia, la sua condanna si fa sempre piú aspra e radicale. Le conseguenze di questo suo atteggiamento furono gravissime. Tra i partiti politici italiani, quello mazziniano-garibaldino aveva costituito, fino al 1871, l'estrema sinistra; e non soltanto nel campo politico, ma anche in quello sociale. Fino allora le prime incerte, e a malapena precisabili, infiltrazioni internazional-bakuniste non avevano occupato un posto considerevole nella vita pubblica italiana. Fino allora, quasi tutti i rivoluzionari di temperamento, i malcontenti, i sognatori romantici di una società migliore o diversa si erano stretti intorno a Mazzini, uniti nel nome di repubblica, sinonimo di rivoluzione, discordi in ogni altra questione, e soprattutto nei presupposti morali e religiosi. Ma la discordia si manteneva generalmente latente; non aveva avuto modo di manifestarsi, o, ancor meno, di approfondirsi. Il programma mazziniano era l'unico che promettesse novità sostanziali, richiedesse audacia di propositi e di mezzi, calmasse quel bisogno di agire in un modo o nell'altro, ma, comunque, d'agire, che, specie dopo il '67, assillava quanti fino allora avevano sfogato la loro energia esuberante nella cospirazione e nelle campagne di guerra.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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