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      Sulla crisi del Parlamento dopo il '66 (e in generale crisi politica), alcuni pensano che col tempo tutto s'accomoda, basta non aver fretta, ché tutti i paesi liberi hanno traversato crisi analoghe. Altri pensano che basterebbero alcune modificazioni nel regolamento della Camera per accomodare tutto; altri vorrebbero la costituzione di solidi partiti politici, perno della vita politica parlamentare. Ma la prima soluzione è evidentemente smentita dai fatti (quanta furia, Jacini!); la seconda evidentemente insufficiente; la terza esigerebbe come prima base la formazione di un partito conservatore, ma questo non può nascere se prima non si sistemano un po' le faccende della cosa pubblica. Se no, cosa conservare? Lo Statuto? Ma nella sua orbita si muovono tutti i partiti (ibid.).
      (436) Jacini, ibid., propugna il suffragio universale a due gradi e l'attribuzione al Parlamento delle sole grandi questioni d'interesse nazionale.
      (437) Studiare l'interesse degli elettori per le elezioni (frequenza degli elettori). Nel 1871 ci fu ballottaggio, a Siena, fra due candidati: uno ebbe 50, l'altro 60 voti. A Firenze il candidato del governo ebbe 153 voti ed entrò in ballottaggio con uno che non ne ebbe che 6. A Roma, su 7800 elettori, solo 198 si presentarono (Rattazzi et son temps, II, p. 455, che però attribuí questi risultati alla propaganda astensionista contro Lanza dei partiti di sinistra e clericale).
      «Giammai meno della metà, ma spesso i due terzi, e piú ancora, degli elettori inscritti (come è avvenuto nelle elezioni parziali le piú recenti) suol astenersi dalle urne elettorali, cosicché vi è un gran numero di deputati al Parlamento i quali sebbene rappresentanti di collegi popolati da 500 000 anime, pure non furono eletti che da 80 o da 100 voti.


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Saggi sul Risorgimento
di Nello Rosselli
pagine 380

   





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