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      In sostanza il movimento sindacale non ha mai aderito al programma e, piú che al programma, allo spirito e alla forma mentis marxistica. Di tutte le tesi marxistiche non ha salvato – coi dovuti temperamenti – che il principio della lotta di classe e della autoemancipazione proletaria. Principio tattico e pedagogico certo fondamentale, che Marx piú di ogni altro scrittore ha contribuito ad illustrare, ma che non può considerarsi monopolio della scuola marxista (Marx rubò di peso la formula a Blanqui), non foss’altro perché fu sempre regola istintiva delle organizzazioni operaie. Per il resto esso ha rinnegato implicitamente tutte le tesi marxiste affermando la possibilità e la desiderabilità di una trasformazione graduale della società borghese con le armi del voto, della contrattazione, dell’agitazione, cioè col ricorso al metodo democratico. Pur facendo leva sulla forza del numero e sul peso degli interessi, si è guardato bene dall’irridere, secondo vuole il marxismo, la vecchia piattaforma giusnaturalistica e moralistica; e non invano ha fatto appello agli innati diritti della personalità e a un principio superiore di giustizia. Lungi dal legittimare in linea storica il potere e la funzione borghese, e dall’inchinarsi di fronte alla necessità, sia pur transeunte, delle leggi di scambio della forza lavoro in regime capitalistico, ne ha contestato la validità in sede etica e ne ha iniziata la erosione in sede contrattuale. Alla visione drammatica e pessimistica del processo sociale ha sostituito una visione ottimista, costruttiva, repugnante dai semplicismi e dalle contraddizioni lineari in cui si compiaceva il marxismo.


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Socialismo liberale
di Carlo Rosselli
pagine 184

   





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